2001 – A Space Odissey

Andando diretti al concetto di attesa, si potrebbe in una prima analisi distinguere quattro macrocategorie: un’attesa che qualcuno (o qualcosa) arrivi o l’attesa di arrivare noi stessi; e in secondo luogo, se alla fine dell’attesa c’è il ricevere qualcosa o il dare qualcosa.

C’è l’attesa del bambino per il suo regalo di compleanno, c’è l’attesa dei Magi di consegnare Oro, Incenso e Mirra, c’è l’attesa del nonno che riceve la visita dei nipoti e c’è l’attesa dell’esploratore di arrivare alla sua meta. Ebbene, la mia impressione è che, al di là di questioni contingenti, queste attese abbiano qualcosa di profondissimo ed essenziale in comune.

Un’opera che, a mio avviso (in uno dei suoi molti livelli interpretativi), parla bene di attesa è 2001: A Space Odyssey . Il film di Kubrick gioca molto su questo aspetto, quasi ubiquo nella pellicola. [Continua »]


Mundus patet

Il mundus cereris era una fossa scavata nel Santuario di Cerere e consacrata agli dèi Mani, ossia alle anime dei defunti. Tale sito era legato a uno dei riti più caratteristici della religione romana arcaica, ossia alla cosiddetta apertura del mundus (“mundus patet” significa infatti “il mundus è aperto”).

Quando il 24 agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre la fossa veniva aperta, mettendo così in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti, le anime dei defunti si impossessavano della città, e così ogni attività ordinaria veniva sospesa, le persone si rinchiudevano in casa, era proibito dare battaglia, celebrare matrimoni, perfino le porte dei templi erano chiuse.

I romani chiamavano il tempo corrispondente all’apertura del mundus il “tempo sospeso”.

Se per gli antichi romani questa condizione di sospensione del tempo e della vita durava solo per un giorno, oggi ci ritroviamo a esperire questa dimensione come vero e proprio orizzonte mentale da più di un mese e mezzo, senza avere la certezza di una data di ripristino della normalità. Viviamo in attesa, in un tempo che potremmo anche noi, come i romani, definire “sospeso”.

Ma di che tipo di tempo si tratta? Che tipo di sospensione stiamo vivendo esattamente? [Continua »]


Tensioni

L’attesa con cui oggi stiamo facendo i conti è strana e difficile da definire: da una parte ci sentiamo inchiodati nel presente, dove siamo costretti ad aspettare, dall’altra siamo trascinati verso il futuro dove avverrà ciò per cui attendiamo, anche se non sapremmo dire cosa attendiamo (se veramente attendiamo) e soprattutto se questa attesa ha un senso. Ci troviamo “stesi”, o meglio, tesi  tra questi due poli, il presente e il futuro, come panni appesi a un filo, tenuti per le estremità soltanto da due mollette di legno, aspettando il bel tempo.

È questo il clima in cui poco tempo fa mi sono ritrovata a leggere un romanzo di Benjamin Tammuz, Il minotauro; il significato profondo del libro mi è sembrato essere racchiuso proprio in un’attesa, apparentemente insensata:

Sulla parete era appesa un’acquaforte, un regalo spedito loro da Parigi, dove si vedeva un mostro dalla testa di toro e dal corpo di uomo, che si piegava sulle ginocchia in un’arena, pronto a morire. Dalla tribuna vicina una donna gli tendeva  la mano, come cercando di toccare la testa dell’essere agonizzante; tra la mano tesa e la testa gigantesca era rimasta una piccola distanza, e Aleksandr sapeva che se la mano avesse toccato la testa, il moribondo si sarebbe salvato. Aspettò a lungo, forse il miracolo sarebbe accaduto e la mano, nonostante tutto, avrebbe toccato la testa. Ma il miracolo non accadde e Aleksandr chiuse gli occhi.

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Dinamica della stagnazione

In fin dei conti, se non fossi stato arrestato dalla polizia turca sarei stato arrestato dalla polizia greca. Non avevo scelta: potevo fare solo come mi diceva lui, Harper. È successo tutto per colpa sua.

Tokapi di Eric Ambler si apre con una giustificazione: nulla di ciò che leggeremo nelle pagine seguenti è stato voluto o deciso dal protagonista. Arthur Simpson è in balia degli eventi, della sfortuna, dei capricci di alcuni e degli abusi di altri – ed è, di conseguenza, innocente. Eppure il romanzo lo porta ad attraversare confini militarizzati, contrabbandare armi, mentire alla giustizia di (almeno) due paesi e partecipare in combutta con una gang internazionale a un furto clamoroso. È in maldestro equilibrio su una fune che oscilla pericolosamente, circondato da opzioni terribili e scelte tutte sbagliate.

Arthur vive suo malgrado un’avventura: un’avventura da cui vuole uscire prima possibile – ma pur sempre un’avventura. E ne uscirà, come si intuisce dalle prime righe del romanzo, in un modo assolutamente stupefacente: tale e quale a come era prima. [Continua »]


Una curiosità dell’anima

Che stai aspettando? Cosa ti aspetti dalla vita? Chi aspetti? Sono domande che ci hanno fatto o che ci siamo fatti almeno una volta nella vita. Passiamo moltissimo del nostro tempo ad aspettare qualcosa o qualcuno: l’autobus alla fermata, un amico che è in ritardo, il nostro turno allo sportello postale. Stiamo aspettando anche adesso che siamo relegati nelle nostre case, solo che è cambiato il nostro modo di aspettare.

Nel film Il mistero di Bellavista diretto da Luciano De Crescenzo l’attesa si configura come opportunità, occasione. Bellavista (Luciano De Crescenzo) e il marchese Filiberto Bonajuto di Pontecagnano (Riccardo Pazzaglia) si trovano a casa del marchese per prendere un caffè. Mentre aspettano che il caffè sia pronto i due hanno la possibilità di parlare:

MARCHESE — Professo’ i giovani di oggi sottovalutano l’attesa, la ritengono una perdita di tempo… e invece l’attesa è preziosa perché ci consente di parlare e quindi di conoscerci.

BELLAVISTA — Quindi secondo voi noi dovremmo essere grati alla caffettiera napoletana che ci mette più tempo per far scorrere il caffè.

MARCHESE — Ma certamente

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Sospensioni

Chissà quante volte abbiamo sentito ripetere nel corso della nostra vita scolastica questa frase. “Rimandati a settembre”. Il monito che lanciavano all’inizio di ogni anno i professori e che diventava l’incubo da cui fuggire durante i mesi trascorsi tra le mura di quell’edificio amato/odiato da milioni di studenti.

Chissà quante volte le nostre sorti o quelle dei nostri compagni di (dis)avventure sono state legate a questo filo. Quel filo che teneva sospesi i malcapitati nell’incertezza e che scombinava i piani estivi. Sarebbero riusciti a superare l’anno? Avrebbero ritrovato a settembre i compagni di sempre, i professori di sempre, la routine di sempre? Ed ecco che, prospettandosi la possibilità di stravolgere le certezze avute fino a quel momento, aveva inizio uno “studio matto e disperatissimo”: viaggi annullati e libri alla mano, si tenta il tutto per tutto per cercare di mantenere la propria stabilità e il proprio equilibrio.

Spesso la scuola ci parla di “sospensione”, un termine che, nell’accezione datagli, non amiamo poi tanto. La valutazione di un alunno può essere sospesa, come nel caso in cui si venga rimandati a settembre, oppure si può essere sospesi in seguito ad un evento non piacevole, ovvero allontanati dalla comunità e dalla frequenza delle lezioni per un periodo più o meno lungo a seconda della gravità di quanto accaduto. In entrambi i casi, ritroviamo alcuni elementi comuni: una situazione di partenza al di fuori di quanto normalmente accettato che genera un’interruzione delle proprie abitudini, la cui ripresa dipenderà dalle valutazioni effettuate da altri. [Continua »]


OpenLab – pt. 13: V. Hugo, Novantatré

Prosegue l’OpenLab nella sua versione virtuale, adatta al momento che stiamo vivendo e sperimentazione di un “modello” per la condivisione e il commento di un testo a distanza. Con questa puntata l’OpenLab si prende una piccola pausa, ma tornerà presto e – si spera – dal vivo.

Federico: Novantatré (Victor Hugo)

“Tu, cristiano, sei un infedele; tu, bretone, sei senza onore; sono stato affidato alla tua lealtà, e sono stato accolto dal tuo tradimento; tu dai la mia morte a coloro ai quali hai promesso la mia vita. Sai chi è il perdente, qui? Sei tu. Tu sottrai la mia vita al re e consegni la tua eternità al demonio. Su, commetti il tuo delitto, sono pronto. Vendi a basso prezzo la tua parte di paradiso. Grazie a te il diavolo vincerà; grazie a te le chiese cadranno; grazie a te i pagani continueranno a fondere le campane per farne cannoni e mitraglieranno gli uomini con ciò che salvava le anime. Nel momento in cui ti parlo, può darsi che la campana che ha suonato per il tuo battesimo uccida tua madre. Su, aiuta il demonio. Non fermarti. Sì, ho condannato tuo fratello, ma sappi che io sono uno strumento di Dio. Ah, tu giudichi i mezzi di Dio! Oseresti dunque giudicare la folgore che è in cielo? Disgraziato, sarà essa a giudicarti. Attento a quel che stai per fare. Sai almeno se sono in stato di grazia? No. Ma non te ne importa. Fa’ come vuoi. Sei libero di gettarmi all’inferno e di gettartici con me. Le nostre due dannazioni sono nelle tue mani. Davanti a Dio, il responsabile sarai tu. Siamo soli, e uno di fronte all’altro nell’abisso. Continua, termina, concludi. Io sono vecchio e tu sei giovane; io sono privo di armi, e tu armato; uccidimi”.

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